L’Associazione Bianchi Bandinelli giudica molto grave ed estremamente dannosa per il sistema culturale italiano l’operazione condotta sui musei dal ministro Dario Franceschini.
Per designare i nuovi direttori di venti musei italiani hanno chiaramente prevalso gli aspetti politici, mediatici, di comunicazione, con un meccanismo di selezione per il quale si sono scelti qui un giovane, lì una donna, qua un italiano, là uno straniero, attenti alla nazionalità, all’età, al genere: un sistema fatto per gli slogan, ottimo per i titoli dei telegiornali e che esclude qualunque considerazione di merito. Che idee hanno i prescelti? Quali progetti? Quale relazione di conoscenza e studio con le sedi che andranno a dirigere? Niente di tutto questo è stato spiegato, e del resto non è per quello che sono stati selezionati i vincitori. La loro estraneità al contesto sembra essere stata un titolo di merito. Senza contare la modestia di alcuni dei loro curriculum.
Ma alla base di tutto c’è la riforma del ministero voluta da Franceschini, che riflette la radicale avversione del governo nei confronti della tutela e del “modello italiano”, e che si concretizza nella separazione dei musei dal territorio. Questa scelta va contestata per il suo carattere politico: non perché contraddica una tradizione di idee e studi – cose fatte per essere superate, per evolversi – ma perché è in contrasto con la realtà del patrimonio storico italiano, con la sua consistenza fisica, la sua diffusione. Il modello italiano della tutela, che mette in risalto e ricostruisce il collegamento fra opere e territorio, è nato prendendo atto di questa realtà. Una realtà, un vero e proprio sistema, che invece il governo considera un intralcio, mirando a disarticolarla. Al territorio si provvederà nei modi e nei termini previsti dalla riforma della Pubblica amministrazione, per la quale il ministro Franceschini si è lasciato esautorare senza proferire verbo, così come accaduto per la legge cosiddetta Sblocca Italia.
La vera riforma rivoluzionaria del ministero sarebbe stata una sola: aumento delle risorse finanziarie e del personale. Il ministro ne avrebbe tratto certamente un vero e duraturo giovamento politico e di immagine, se avesse davvero voluto conoscere e capire il dicastero che gli è stato assegnato. Ricordiamo che molte delle innovazioni proposte nel tempo dai musei più famosi nell’ambito della didattica o della gestione delle collezioni sono state ideate proprio da funzionari e direttori di musei italiani: il ministro non sa che abbiamo una tradizione non paragonabile con le esperienze estere. Se da noi tali innovazioni non sono state realizzate, ciò è avvenuto spesso solo per mancanza delle risorse necessarie.
Infatti i neo direttori si troveranno con bilanci disastrati da anni di tagli, con situazioni finanziarie da recuperare (se recuperabili) che comporteranno tempo e fatica. E la tanto sbandierata autonomia è ancora tutta da costruire, anche dal punto di vista strutturale, visto che serviranno uffici e personale amministrativo (per gestire comunque quali risorse?). Per non parlare dei privati, che presumibilmente dovranno prima capire quali programmi finanzieranno e come.
La qualità del personale a tutti i livelli è fondamentale per garantire una gestione efficace dei musei: il problema è l’esistenza di un personale adeguato, soprattutto quello dei ruoli tecnico-scientifici, già da tempo largamente insufficienti e che a breve si ridurranno ulteriormente. Per questi ruoli il governo non ha previsto neanche in prospettiva nuovi ingressi: nel giro di poco tempo i neodirettori dovranno fronteggiare una drastica riduzione del personale e i pensionamenti non saranno compensati.
L’Associazione Bianchi Bandinelli con quest’intervento vuole aprire una discussione con altre associazioni e interlocutori interessati, auspicando fortemente un’azione congiunta per richiedere una gestione appropriata di strutture che sono parti fondamentali del patrimonio nazionale.